Nel processo penale di pace, l’art. 2 d.lgs. 274/2000 al 2° comma richiama il principio conciliativo tra i principi ispiratori dell’intera normativa; l’art. 29, poi, nell’ambito del tentativo di conciliazione tra le parti, espressamente prevede al 4° comma la possibilità per il giudice di avvalersi “dell’attività di mediazione di centri o strutture pubbliche o private presenti sul territorio”.
Gli esiti della mediazione, che sfuggono in verità ad una definizione e classificazione puntuale, possono poi influire sul processo in modi diversi: la mediazione potrebbe portare anzitutto, nel suo esito più favorevole, ad una remissione della querela da parte della persona offesa (risultato cui del resto anche il tentativo di conciliazione operato direttamente del giudice mira), verbalizzato ex art. 29, 5° co. con conseguente estinzione del reato secondo le regole della giustizia ordinaria (art. 152 c.p.). Anche laddove peraltro non si addivenga a tale soluzione, la mediazione potrebbe essere valutata positivamente per il percorso di responsabilizzazione compiuto dal reo, testimoniato da una attivazione concreta e significativa per riparare le conseguenze della propria azione. In tal caso, la mediazione potrebbe sfociare in una dichiarazione di estinzione del reato per condotte riparatorie, ex art. 35 D. lgs. 274/2000 (“quando l’imputato dimostra di aver proceduto … alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.”). Ancora, i risultati del percorso di mediazione potrebbero contribuire alla scelta del giudice di escludere la procedibilità per “particolare tenuità del fatto”, come previsto dall’art. 34 D. lgs. 274/2000, “quando, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo …, la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l’esercizio dell’azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato”. Il giudice potrebbe cioè trovare nella mediazione un valido strumento per supportare la decisione sull’opportunità o meno di applicare gli altri istituti che il processo penale “di pace” consente, improntati anch’essi alla logica della “giustizia riparativa” (occorre peraltro avvertire come quello dell’influenza della mediazione reo- vittima, e dei relativi esiti, sul percorso della giustizia penale sia un problema ancora aperto, forse tra i più delicati in questa materia, sicuramente tra quelli bisognosi di ulteriori riflessioni).